OPINIONI Perché la moda islamica vende tanto nonostante le polemiche (Internazionale, 29 avril 2016)

Internazionale

« Come devono vestirsi le musulmane? E chi deve deciderlo, se non loro? Dopo il divieto del velo a scuola, e la decisione di alcuni istituti scolastici di non fare entrare delle allieve che portavano gonne troppo lunghe, la Francia lancia ora la guerra alle griffe che propongono accessori e vestiti in accordo con le regole della fede musulmana. Un’occasione per scoprire – prima ancora che condannare – una nuova tendenza in crescita esponenziale, che rappresenta un giro d’affari di oltre 240 miliardi di euro.

La ministra della famiglia francese, Laurence Rossignol, commentando il boom della “moda islamica” ha respinto categoricamente l’idea che le musulmane possano decidere di vestirsi come vogliono. Una donna che sceglie di portare il velo sarebbe l’equivalente, secondo lei, “dei negri americani che erano a favore della schiavitù”. La ministra si è poi scusata per l’uso della parola “negri”, ma non ha cambiato di una virgola il suo giudizio sulle musulmane velate, a suo parere succubi.

In suo sostegno si è espressa anche la filosofa femminista Elisabeth Badinter, che ha invitato a boicottare i marchi che propongono articoli di moda islamica come H&M o Dolce & Gabbana.

Ma al di là delle polemiche sul velo, che infiammano in particolar modo la società francese, cos’è questa moda islamica da boicottare? Alia Khan, presidente dell’Islamic fashion and design council di Dubai, donna manager, musulmana e ultra elegante, ce lo ha spiegato. […]

Una moda rivolta a tutte

Un altro dato interessante è il target della modest fashion: “In realtà, la clientela non si riduce affatto alle sole musulmane. C’è una richiesta sempre più forte da parte di donne ebree, cattoliche, ma anche non religiose, che cercano di vestirsi in modo diverso”. E qui, Alia tocca un altro tasto importante.

L’industria che fa sfilare donne ai limiti dell’anoressia si pone ora come la paladina dell’emancipazione femminile. Nel libro L’harem e l’Occidente, la grande sociologa e femminista marocchina Fatima Mernissi, morta nel 2015, ha scritto pagine molto belle e ironiche sulla tirannia della taglia 42 in occidente. Mernissi racconta dell’harem in cui è rinchiusa la donna occidentale, quello in cui è costretta ad adeguarsi al canone estetico della magrezza per piacere agli uomini: “Grazie Allah! Di avermi salvata dalla taglia 42. E speriamo che le nostre donne non prendano esempio… che cosa succederebbe se lasciassero cadere il velo per fare spazio a questa diabolica taglia 42? Come si fa a condurre un dibattito politico credibile ed efficace se prima non sei riuscita a trovare una gonna della tua taglia in un negozio normale?”.

Mernissi spiega che in Marocco – come nella gran parte del mondo non occidentale – l’abbigliamento era creato dalle donne per le donne, che si facevano fare i vestiti dalla sarta, secondo le loro misure e non secondo i canoni imposti dagli uomini.

Questa argomentazione è ripresa da Esther Benbassa, senatrice verde che ha risposto alla ministra Rossignol in un commento sul quotidiano Libération, citato dagli Inrockuptibles nell’ottimo articolo Perché la questione del velo divide le femministe?. […] »

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